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Quei battiti troppo veloci

Testata: Inserto Salute di Repubblica
Data: 24 aprile 2009
Pagina: 11
Autore: Francesco Bottaccioli
Titolo: «Quei battiti troppo veloci»

Nel luglio del 2007, JAMA allegò a una ricerca su stress e morte cardiaca improvvisa, una pagina dedicata ai pazienti. È questa una regola che la rivista scientifica dei medici americani segue su questioni di primaria importanza per la salute: la “pagina del paziente” infatti serve sia a lettori non medici, che possono così formarsi una propria opinione attingendo alla letteratura scientifica, sia ai medici che possono stampare la pagina e usarla come materiale comunicativo per i propri pazienti. In questa “patient page” la rivista, dopo aver riassunto gli effetti dello stress sul cuore, dava i seguenti consigli ai lettori: evitate situazioni che sapete essere stressanti, fate attività fisica, non fumate, mangiate frutta e verdura, ma soprattutto concedetevi della pause, praticate meditazione, yoga, tecniche di rilassamento, biofeedback. Nel documento scientifico a supporto della pagina del paziente, Roy C. Ziegelstein, cardiologo della Hopkins University, ha riassunto gli studi disponibili sull’efficacia di queste tecniche sia a livello preventivo che a livello riabilitativo. In particolare, una meta-analisi che ha riguardato quasi trenta studi controllati, di cui una parte hanno riguardato tecniche di rilassamento e di meditazione a un’altra parte la combinazione di queste tecniche con terapie psicologiche. La conclusione è che le persone che avevano avuto infarti e altre patologie cardiache e che avevano praticato tecniche antistress e di sostegno psicologico avevano riduzione della frequenza cardiaca a riposo, aumento della variabilità cardiaca, miglioramento della resistenza allo sforzo, con conseguente riduzione di mortalità.

Importante l’aumento della variabilità della frequenza cardiaca, uno dei più importanti indici fisiologici dell’attività cardiaca: il cuore è innervato da due circuiti che si bilanciano: uno aumenta la frequenza cardiaca (il sistema nervoso simpatico) e l’altro (il parasimpatico) la diminuisce. Lo stress riduce il tempo tra un battito e l’altro. Quest’intervallo è la “variabilità della frequenza cardiaca”. Più è ridotta e più il cuore è a rischio di infarto. Una variabilità ridotta è legata al panico e in generale ai disturbi d’ansia.

Nel gennaio di quest’anno su Autonomic Neuroscience è apparso uno studio sul ruolo dell’ansia sul cuore di volontari sani in cui si sono valutati i “tratti di personalità ansiosa”. Successivamente sono state sottoposte a prove di stress mentale ed emozionale con misurazione dell’attività del simpatico e del parasimpatico e della variabilità della frequenza cardiaca. In particolare nei soggetti ansiosi, il simpatico era in eccesso sul parasimpatico e la variabilità era molto ridotta. Studi sulla “personalità ansiosa” dimostrano che già nel neonato (3 mesi di vita) è possibile riscontrare questa alterazione della scarica nervosa sul cuore. La buona notizia, che viene da questo studio, è che il rilassamento profondo, che si apprende imparando tecniche antistress, è in grado di aumentare la variabilità e quindi di proteggere il cuore.

Recentemente una meta-analisi di un gruppo italiano, guidato da Gian Mauro Manzoni dell’Istituto auxologico IRCCS, su BMC Psychiatry, ha esaminato tutti gli studi del decennio 1997-2007 riguardanti le tecniche di rilassamento e di meditazione. Le conclusioni sono che le diverse tecniche hanno effetti importanti sul controllo dell’ansia, con la meditazione che presenta l’efficacia più alta. Infine, è da segnalare una Cochrane review dell’ottobre scorso riguardante l’uso delle tecniche di rilassamento per la depressione. Quindi il rilassamento può essere efficace nel ridurre i sintomi depressivi, ma non così efficace come la psicoterapia. E infatti sono sempre più gli psicologi che combinano i due trattamenti con risultati di grande interesse.